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giovedì 22 gennaio 2015

Io lo sapevo, e lui l'assassino



“Io lo sapevo, è lui l’assassino!”

L'uomo che parla con gli angeli
Chissà che vita condurrebbe oggi mia sorella Amanda se fossi stato zitto, come tutti mi avevano detto di fare tanti anni fa...
In casa c’era fermento. Amanda, la più vivace tra le mie sorelle, aveva qualcuno da presentare e voleva che la famiglia al completo fosse riunita in soggiorno. Ci ritrovammo tutti e dieci davanti a lei e a Tony, il suo nuovo fidanzato. Un armadio altissimo e larghissimo, con dei muscoli da far paura. I suoi modi erano affettati e gentili, ma appena mi strinse la mano provai una sensazione di bruciore fortissima, tanto che non potei trattenere un urlo. Istintivamente mi scostai da lui. In sala calò l’imbarazzo: «Sai, Craig si comporta sempre in modo un po’ troppo strano», disse Mandy a Tony, ma in realtà si stava rivolgendo a me. Non voleva che le facessi fare brutta figura davanti al suo amore. A quanto pareva, tutti lo apprezzavano tranne me. 
Provai a parlarne con la mamma, che solitamente era la più comprensiva della famiglia, ma lei mi disse di smetterla, altrimenti Amanda si sarebbe arrabbiata. Decisi, per il momento, di non condividere i miei dubbi, ma gli angeli avevano altri piani. La sera ebbi una visione spaventosa: due energumeni stavano in piedi davanti a una donna anziana, legata a una sedia. La donna piangeva e chiedeva aiuto. Ritornai in me e pensai subito a Tony.
Era cattivo, ne ero sicuro. Dovevo fare in modo che qualcuno mi prendesse sul serio. Raccontai della visione a tutti, ma le reazioni furono sempre negative: dall’incredulità alle sgridate. Nessuno voleva che con le mie fantasie turbassi la storia d’amore di Amanda. Tony per i miei era il fidanzato perfetto, tanto che, nel giro di pochi mesi, Mandy ci fece riunire tutti per un altro annuncio: avevano intenzione di sposarsi. La casa si riempì di gioia, ma io non riuscivo a partecipare. Un’occhiata del papà diretta al mio muso lungo mi fece capire che nessuno, in quel momento, era disposto ad ascoltare i miei avvertimenti. Come al solito, io e gli angeli avremmo dovuto sbrigarcela da soli.
La cerimonia si avvicinava e i preparativi andavano avanti di gran carriera. L’unica cosa che ferveva in me, invece, era la visione dell’anziana donna legata a una sedia, che facevo con sempre maggiore frequenza e chiarezza. Ormai ero quasi sicuro, uno dei due malviventi che la teneva legata era il fidanzato di Amanda: ma come provarlo alla mia famiglia? Tony, intanto, percepiva la mia ostilità, infatti più di una volta mi aveva preso in disparte per chiedermi cosa avessi contro di lui. Più che un tentativo di avvicinarsi a me, però, sembravano delle minacce. “Lo sai che non devi metterti in mezzo agli affari degli adulti, Craig?” mi diceva fissandomi. Mi venivano i brividi quando arrivava in casa, ma non potevo parlarne con nessuno. Due sere prima del matrimonio stavamo guardando il
telegiornale insieme alla mamma e ai miei fratelli. C’era stata una rapina a Greenwich, a cinque minuti da casa nostra. La padrona di casa, un’anziana donna, era in fin di vita a causa delle violenze subite. Mi sentii bruciare dentro e a quel punto ebbi la certezza: Tony era coinvolto in quella brutta storia.
Arrivò il giorno della cerimonia: tutti erano nervosi e felici allo stesso tempo. Io avevo passato la notte insonne per via della solita visione, che era andata avanti per ore e ore. Dovevo trovare il coraggio di parlare, Mandy non poteva sposare un uomo del genere. Prima che iniziasse la funzione, andai insieme a mio fratello Chris a comprare delle caramelle in un negozio vicino alla chiesa. Lì dentro mi sentii come attirato dal giornale di quartiere. Lo comprai e aprii meccanicamente alla pagina della cronaca, dove si parlava ancora dell’aggressione di Greenwich. C’era la foto dell’anziana rapinata e picchiata: era la donna delle mie visioni! Cercai in tutti i modi di avvertire Mandy, o almeno i miei genitori, ma la mia famiglia aveva creato una sorta di servizio d’ordine per evitare che interrompessi la funzione. 
Tutto andò liscio, infatti. La cerimonia, il pranzo e la festa filarono via come l’olio, tranne per me, che ogni tanto sentivo lo sguardo annebbiato dall’alcol di Tony che mi fissava con ostilità. Sapeva che ero una minaccia per lui. E io ero certo che quel matrimonio sarebbe finito in lacrime.

Tutto andò bene fino a qualche sera dopo, quando la polizia bussò alla nostra porta. Tony era finito in carcere in quanto sospettato della rapina e dell’omicidio di Greenwich. Amanda, sconvolta, era ancora in commissariato con lui. Tutto questo io e i miei fratelli lo sentimmo origliando dal piano superiore, dove ci avevano mandato i miei all’arrivo della polizia. Approfittai dello stupore degli altri per scappare e scendere al piano terra: “Io lo sapevo, è lui l’assassino!” gridai scendendo le scale. I miei mi rimproverarono e cercarono di mandarmi di nuovo in camera, ma io mi dibattei e cominciai a urlare i dettagli delle mie visioni per far capire che sapevo di cosa stavo parlando. Gli agenti mi ascoltarono. Quello che stavo raccontando combaciava con la scena del crimine e aggiungeva dettagli necessari alle indagini. Se ne andarono con le informazioni che gli avevo dato e mi lasciarono solo coi miei genitori, arrabbiati con me e tristi per Amanda. Ancora una volta avevo fatto la cosa sbagliata, o almeno così sembrava. Qualche giorno dopo, però, ebbi la conferma che gli angeli ci avevano visto giusto. Tony venne arrestato per la rapina e per il tentato omicidio. Le prove a suo carico erano schiaccianti. Amanda tornò a casa insieme ai miei, il suo matrimonio era durato solo qualche giorno ed era distrutta. Come avevo previsto, varcò la soglia di casa in lacrime. Volevo abbracciarla e consolarla, ma sapevo che quello non era il momento, ci volle del tempo perché la mia famiglia potesse tornare alla normalità. Tutti serbavano del rancore, forse inconscio, nei miei confronti. Credo che i miei fratelli si chiedessero perché dovevo sempre fare il guastafeste, e forse anche mamma e papà si ritrovavano a farsi delle domande su di me che li facevano soffrire. Ma questi sono pensieri che facevo allora.


Craig Warwick

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