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giovedì 22 gennaio 2015

Craig warwick gli angeli

Gli angeli a scuola

Una volta scrissi un tema in cui parlavo di una donna che viveva un momento difficile col marito perché l’uomo si era comportato in un modo che l’aveva ferita. Entravo piuttosto nel dettaglio e quando l’insegnante lesse il tema non ebbe dubbi: sapeva che stavo parlando di lei e voleva scoprire chi aveva fatto girare quelle voci. Subito chiamò mio padre per capire come fosse possibile che un bambino come me sapesse i particolari più intimi della sua vita privata. Ovviamente dirle la verità e spiegarle che era tutto merito (o colpa) degli angeli non era nemmeno da prendere in considerazione. Ci avrei anche potuto provare, ma l’avrebbe presa come la solita scusa di Craig, il bambino stravagante che crede di parlare con le creature ultraterrene. Mi consideravano tutti un visionario, all’epoca, quindi dovetti accettare in silenzio la ramanzina dell’insegnante e di papà. 
L'uomo che parla con gli angeli
Un’altra volta, invece, avevo disegnato una donna molto bella, con gli occhi azzurri e i capelli ricci. Quando feci vedere il ritratto all’insegnante, lui si spaventò tantissimo. Gli venne la pelle d’oca e mi guardò terrorizzato: quella che avevo disegnato era la sua mamma, che era morta tre anni prima. La sua reazione mi fece stare molto male perché io pensavo di avergli fatto un bel regalo. Invece, come al solito, avevo allontanato un’altra persona. Capitava spesso, se c’era da fare un tema o scrivere una storia, che quello che scrivevo riguardasse l’insegnante. Era, cioè, un fatto privato della sua vita che gli angeli mi avevano raccontato. Io non capivo che le mie rivelazioni avrebbero potuto turbare il prossimo; ero comunque un bambino e non sapevo che quelle intrusioni inspiegabili nella vita privata degli altri mi avrebbero messo nei guai. 

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